Sei un vero animalista?
Prima di iniziare, voglio fare una piccola premessa.
Molti si definiscono amanti degli animali, ma quanto è coerente il loro comportamento con questa affermazione? Essere animalisti non significa solo coccolare il proprio cane o indignarsi davanti ai maltrattamenti più eclatanti. Significa rispettare ogni essere vivente, evitare scelte che alimentano sofferenza e interrogarsi sulle proprie abitudini quotidiane. Se condanni la caccia o la pesca ma indossi pelle e pelliccia, se ti indigni per l’abbandono dei cani ma sostieni industrie che sfruttano e uccidono altri animali, sei davvero dalla loro parte? Forse è il momento di guardarsi dentro e chiedersi: quanto vale davvero la mia empatia?
Ogni volta che assumi un farmaco per curarti, sappi che è stato testato sugli animali, spesso a costo della loro vita. Usandolo, diventi parte di questo sistema di sperimentazione. Lo stesso vale per i cosmetici: se utilizzi rossetti, mascara o altri trucchi, contribuisci indirettamente ai test sugli animali, impiegati per garantire che i prodotti non siano dannosi per la pelle umana.
Chi si definisce animalista ma consuma carne, o si definisce vegetariano pur continuando a mangiare prodotti di origine animale come uova e formaggi, sostiene comunque il sistema degli allevamenti intensivi. Molti sedicenti animalisti non hanno ancora compreso la contraddizione tra il consumo di prodotti di origine animale e la lotta per i diritti degli animali. È incoerente sostenere il non abbattimento di una specie animale mentre si contribuisce all’uccisione di altre consumandole. Se non sei vegano, protestare è inutile; Solo chi rifiuta qualsiasi prodotto di origine animale può eticamente protestare, perché solo lui è coerente con ciò in cui dice di credere.
Detto questo iniziamo
Oggi vorrei parlare di un tema molto discusso, ovvero gli scontri tra animalisti, cacciatori e pescatori.
Per iniziare, è importante riconoscere che esistono molte realtà differenti da valutare, quindi non si può generalizzare. I problemi ambientali differiscono ovviamente in base all’ambiente: mari, laghi, fiumi e torrenti presentano problematiche diverse, che richiedono approcci specifici per essere risolti. Quindi in questo articolo, mi concentrerò esclusivamente sulla pesca nei torrenti, visto che conosco bene l’argomento.
L’importanza dell’equilibrio
In Italia, le trote selvatiche sono a rischio di estinzione. Durante le mie uscite lungo il torrente, ho spesso notato la presenza di cormorani, aironi, bracconieri e pescatori che trattengono le trote (volgarmente definiti “padellari”), tutti fattori che contribuiscono al declino della popolazione, impedendone la riproduzione.
La maggior parte degli animalisti con cui ho avuto modo di parlare desidera proteggere gli animali, ma spesso non trascorre molto tempo a contatto diretto con la natura, il che può impedire una comprensione completa della situazione reale. I pescatori, al contrario, sono costantemente presenti nelle aree di loro interesse e nello stesso tempo svolgono anche un importante ruolo di monitoraggio, segnalando alle autorità competenti problemi come sovrappopolamenti di specie dannosi, bracconaggio e chi può provocare inquinamento. Inoltre, contribuiscono attivamente alla gestione e ripopolazione dei pesci, il che è essenziale per mantenere le risorse naturali e continuare con la propria passione. Ironicamente, i pescatori e i cacciatori sono tra i primi a sostenere la conservazione dell’ambiente proprio per questo motivo, ossia proseguire con la propria passione anche in futuro.
Sostenere che la natura si regola da sola è un errore; richiede invece monitoraggio costante e interventi mirati, specialmente per le specie in pericolo di estinzione.
Attivismo e realtà
Tornando agli animalisti, un problema che ho notato nei dibattiti con loro è che, come dicevo, molti agiscono senza una diretta esperienza nella natura, senza viverla regolarmente, questo rende difficile rilevare i problemi ambientali in tempo reale e capire quale sia la cosa giusta da fare. Mi è capitato molte volte di imbattermi in bracconieri che pescano lungo il tratto di torrente, poiché ogni settimana mi reco sul posto. Alla mia vista, scappano, sapendo che posso chiamare le autorità competenti. Tuttavia, se restassi a casa a protestare contro la caccia e la pesca, i bracconieri continuerebbero tranquillamente a svolgere le loro attività illegali.
Gli attivisti che protestano senza una piena comprensione delle situazioni ambientali possono, involontariamente, causare più danni che benefici. Se, per esempio, scoppia un’epidemia che colpisce una determinata specie animale, è necessario intervenire tempestivamente e abbattere i capi malati per evitare che l’epidemia si propaghi e che muoiano altri animali. È importante accettare questo fatto al fine di controllare e salvaguardare quella specie. Prendiamo, ad esempio, anche il caso degli orsi in Trentino: quando la popolazione degli orsi diventa eccessiva e minaccia la sicurezza e l’economia locale, protestare contro le misure di abbattimento bloccando i caselli autostradali con lo scopo di minacciare l’economia locale, non risolve il problema. Al contrario, sta provocando reazioni estreme da parte della comunità locale.
Si dice che, dopo i vari attacchi degli orsi in Trentino e dai rispettivi interventi degli animalisti, alcuni residenti locali abbiano utilizzato esche avvelenate come soluzione, e che alcuni bracconieri si siano attivati per uccidere gli orsi illegalmente. Questo è un approccio crudele che mette a rischio anche altri animali che non c’entrano. Quindi sarebbe più sensato intervenire con misure legali, regolamentate. In sintesi, protestare da casa, sui social, davanti al comune o a un casello autostradale non cambia nulla. Per fermare davvero gli abbattimenti, bisogna indossare gli scarponi e perlustrare la montagna, sorvegliando ed eventualmente segnalare i bracconieri.
La maggior parte degli attivisti animalisti protestano senza una piena comprensione della complessità di tali situazioni, spinti più dal bisogno di sfogare la loro rabbia che da un’analisi ragionata della questione. Questo tipo di attivismo superficiale causa sicuramente più danni che benefici. È fondamentale adottare approcci regolamentati e ponderati per affrontare le problematiche ambientali, anziché protestare senza una piena comprensione delle conseguenze in una determinata situazione.
Pesca No kill
Personalmente, pratico esclusivamente la pesca “no-kill”, che consiste nel catturare le trote per poi rilasciarle. Questo metodo favorisce la riproduzione delle trote, e numerosi tratti di torrente dove vengono effettuati interventi di ripopolamento sono oggi esclusivamente “No Kill”, ossia zone in cui è vietato trattenere il pesce. Affinché la pesca no-kill venga praticata correttamente, è fondamentale seguire precise regole.
Leggi le regole fondamentali per: eseguire correttamente la pesca in No-Kill.